In particolare, la disposizione normativa dell'art. 7 abroga l'art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 286/1998 e successive modificazioni (Testo unico sull'immigrazione) ove era disciplinato il divieto di respingimento o espulsione quando rilevava una possibile violazione del diritto alla vita privata e familiare del richiedente (concetto vago e generico) anche in considerazione della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato.
Una soppressione fortemente voluta dalla Lega-Salvini Premier, ma sulla quale il Quirinale ha espresso perplessità augurandosi, in occasione della conversione in legge formale da parte delle Camere entro il termine perentorio di sessanta giorni, modifiche.
Fratelli d'Italia e da Forza Italia sono orientate ad accoglierle. Si tratta di una scelta, sebbene condivisibile sul piano politico in quanto volta a porre un piccolo freno ad un fenomeno immigratorio sempre più incontrollato, implicante una abrogazione che presenta, ad avviso di chi scrive, dubbi di costituzionalità.
La Convenzione di Ginevra del 1951 inerente allo status di rifugiato se, da un lato, non contiene una definizione di persecuzione, dall'altro questa deve essere interpretata alla luce della normativa internazionale vigente in materia di diritti umani. Il d.lgs. n. 251/2007 e successive modifiche, che attua sul piano interno la direttiva CE n. 83/2004, prevede, all'art. 7, comma 1, lett. a), che tra i diritti umani, la cui lesione può implicare un atto persecutorio, vi siano (sia pure con riferimento non esclusivo) quelli inderogabili di cui all'art. 15, paragrafo 2, della CEDU (Convenzione europea dei diritti umani). Il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ex art. 8 CEDU, è ovviamente incluso tra questi. Ne consegue, quindi, visto il possibile contrasto del decreto-legge n. 20/2023 con la legge che ha autorizzato la ratifica della Convenzione di Roma del 1950 (la CEDU), la n. 848/1955, e con lo stesso d.lgs. n. 251/2007, l'incostituzionalità della disposizione normativa di cui all'art. 7 per violazione del parametro interposto (sentt. n. 348 e n. 349 del 2007 della Corte costituzionale) e, dunque, indirettamente del comma 1 dell'art. 117, comma 1, della Costituzione che impone alla legislazione statale il rispetto degli obblighi internazionali e comunitari.
Questo sta a significare, al di là della retorica governativa, che lo spazio di intervento degli Esecutivi in materia immigratoria è "interstiziale".
O invertiamo la nostra politica, ponendo seriamente il problema della permanenza dell'Italia nell'Unione Europea, o questo Paese è finito.
(Daniele Trabucco)